martedì 26 luglio 2011

Le recensioni di Bruno Elpis “L’esordiente” di Raul Montanari

Dopo aver recensito “Chiudi gli occhi” “La verità bugiarda”, “L’esistenza di Dio”, “Strane cose, domani” di Raul Montanari, segnalo qui, in www.braviautori.it, l’ultimo romanzo dello stesso autore: “L’esordiente”, che tratta molti temi cari al sito ospite.
“E quali sono queste connessioni?”, vi chiederete.
Ad esempio le motivazioni dello scrittore: “All’inizio uno scrive per farsi ammirare … e per interessare gli altri ai suoi problemi … il passaggio fondamentale per diventare un narratore è …” (sospendo volutamente la rivelazione).
Ancora? Ho trovato un originale identikit: “Lo scrittore è un ladro, un assassino, un santo”. Seguono le motivazioni.
Qualche provocazione? In un passaggio surreale del romanzo, vengono descritti Inferno e Paradiso: in tutto identici e l’unico discrimine sta nel fatto che “gli angeli pubblicano”.
E poi, altri affreschi, a ritmo sostenuto: come l’ambiente del corso di scrittura creativa (autobiografico?) e quello della casa editrice. E, a seguire, qualche altra pennellata sul mestiere dello scrittore (“Questo lavoro diventa pervasivo. Divora. Tracima …”) e sulle sue ossessioni: l’avversione a essere inquadrato in un genere narrativo, l’ansia per il premio letterario.
Un’ulteriore folgorante intuizione che ho letto: “Il romanzo non è più lungo del racconto. E’ più largo.”
Infine, il sogno-incubo, l’evento: la presentazione del romanzo.
Su queste premesse si innesta la vicenda di Livio Aragona, a partire da una ricorrenza annualmente cadenzata: fotografarsi nudo, davanti allo specchio, ogni capodanno. Ma questa è un’altra storia, quella de “L’esordiente”, alla quale dedicherò un altro commento. Qui ho voluto parlare soltanto di scrittura e autori (emergenti, esordienti o affermati che siano) rimandandovi a un divertente gioco-sondaggio che l’amico Diego Di Dio ha postato su FB …

martedì 12 luglio 2011

Le recensioni di Bruno – “Mai come ieri” di Stefano Marino

Mentre leggo “MAI COME IERI” di Sté Marino, soffermandomi sulle particolareggiate descrizioni degli ambienti (della sua infanzia, secondo la confessione dell’autore. Anche se Corvegna è un nome di fantasia), cerco di immaginare le sensazioni che può provare un lettore “indigeno” nel vedere, nei propri luoghi, ambientata una storia di ordinaria follia. Poi, inaspettatamente, la risposta a questa domanda me la fornisce il romanzo stesso: Michele, l’io narrante, giornalista in cerca di riabilitazione dopo una brutta storia di droga nella quale è rimasto coinvolto suo malgrado, indagando sulla sparizione di tre ragazzi e di un prete, raggiunge Cervo: particolare e straordinario borgo del ponente ligure che io ben conosco. Allora, identificandomi nelle atmosfere uniche di Cervo, mi son detto: “Ma Stefano è un macchiaiolo della penna!”
La prima parte del romanzo pone scaltre premesse, come in un gioco di strategia: poi la narrazione si impenna e segue esclusivamente la legge della tensione, travolta - essa stessa - dalla corrente impetuosa della bialera. Il climax è vertiginoso e senza esclusione di colpi (in tutti i sensi).
Il principale merito di Stefano Marino nel suo folgorante esordio, a mio modesto parere, sapete qual è? Quello di aver aggirato, in questa storia dal ritmo incalzante,lo stereotipo del prete pedofilo. Quello di aver costruito una storia di suspense che – in filigrana – affronta anche il tema della xenofobia.

domenica 10 luglio 2011

Le recensioni di Bruno Elpis - La paura fa 90 (90 racconti da 666 parole) - segue

Nell’esplosione dell’estate, valutate la possibilità – magari in una notte insonne – di tuffarvi in una bella lettura: certo, l’afa in sé è già un fastidio, quindi la lettura deve essere avvincente e dissetante come una tazza di thé freddo.
“La Paura fa 90” di www.braviautori.it è decisamente adatta per l’occasione e si candida a essere un’ottima compagnia per le vacanze incombenti: i racconti sono brevi, incalzanti. Incuriosiscono. Spesso sorprendono. Quasi sempre inquietano. A volte sono autentiche pillole di orrore concentrato.
E allora fate come me. Durante la mia vacanza nella scorsa settimana (lo confesso, mi son portato a Kos una sporta di libri, sfidando tutti i limiti imposti per il bagaglio a mano) ho spigolato ancora tra gli incredibili racconti, variegati per stile narrativo, ma tutti di ottimo livello.
Devo farvi qualche altro esempio, non bastassero quelli che ho già elencato nei mie precedenti commenti?
Grazie, Pia Barletta. Il tuo “L’ospitalità” è proprio quello che ci vuole per chi si accinge a viaggiare in aereo. Per lo meno, sul piano scaramantico.
Ringrazio anche Carmine Cantile. Il tuo “Entomologo” è quanto di meglio possa desiderare chi è infastidito dalle zanzare tigre. Ma è adatto anche a emofagi e simpatizzanti Twilight.
“I tumori dell’immaginazione” di Matteo Carriero mettono a tacere chi non la pensa come Hegel (“L’ideale è reale”) e così anche i mostri possono conquistare un loro spazio nella realtà.
Vincenza Giubilei evoca con sapienza descrittiva lo spettro terroristico di un esame (diagnostico, non di maturità!) in un racconto ansiogeno quanto basta, intitolato “Lui”. E non aspettatevi – leggendo il titolo - una storia d’amore!
Ho accolto anche l’invito di Alessandro e Roberto Napolitano, che ci esortano dicendo: “Giochiamo a cancellare”. E il loro gioco non crediate sia “pettinar le bambole”. Scherzi a parte, notevole e riuscito il loro esperimento nel pennellare uno scontro metropolitano che si consuma tra il degrado sociale.
Daniele Picciuti, con raro lirismo e raffinata cultura, intesse “Quel filo sottile” evocando le Parche e il loro sinistro ruolo, certamente non soltanto artgianal-tessile.
Dunque, dicevo, ho riletto alcuni racconti.
Poi ho chiuso il libro. La mia sete sembrava estinta.
Ma il sonno no, quello non è arrivato … E allora ho pensato al mio "racconto sullo schermo grande"(http://www.braviautori.com/forum/viewtopic.php?f=81&t=3162), per Ciesse Edizioni e www.braviautori.it e ho trascorso la notte in bianco.
Pazienza, le giornate di mare servono anche a questo: a dormire sulla spiaggia, ad abbandonarsi alla pigrizia. A meno che, com’è capitato a me, il giorno dopo vi aspetti una faticosissima escursione, nella fattispecie in Turchia, sotto il solleone del luglio saraceno.

lunedì 23 maggio 2011

"Voli notturni", il novantesimo racconto di "La paura fa 90", di Danilo Arona

Ho fatto un passo indietro e ho ceduto la penna critica a una mano femminile, quella di Ilaria Spes, che ha commentato il racconto di Danilo anche citandolo:

“In una depressione grigia, tra i miasmi malsani di rogge e fossati, la paura della guerra, dell’ignoto e della morte. La paura delle cose che il buio può celare. Maledizioni e sciagure. Brontolii laceranti e rumori ansimanti. Attraverso un ritmo e atmosfere narrative simboliche, inquietanti e incalzanti, tra silenzi che circondano come un filo spinato e luci fioche che respingono e trattengono, in un incalzare di suggestioni indecifrabili e scoperte agghiaccianti ... il lettore viene inghiottito nell’antro spaventoso e avvincente del racconto.”

Io, di mio pugno, voglio aggiungere soltanto che il racconto ha passaggi topici, ma originali, della letteratura horror. Che non voglio svelare, per non guastare la festa ai lettori.

La paura fa 90 (90 racconti da 666 parole)

Con i libri mi rapporto in modo decisamente fisico. Questa antologia l’ho attesa con impazienza, perché trovo intriganti molti elementi. Innanzitutto l’alchemica combinazione di numeri: il 90 e il terribile 666.

Così, quando ho potuto mettere le mani sulla nuova antologia di Braviautori.it ho sfogato alcuni impulsi: quello estetico innanzitutto. La copertina di Roberta Guardascione è paurosamente programmatica, un bianco e nero come nella miglior tradizione dell’orrore; i titoli dei racconti gocciolano inchiostro, i numeri delle pagine sono sinistramente incasellati sotto tre svolazzanti pipistrelli …

Così mi sono tuffato nel vortice che la falce in copertina scatena. Ne cito alcune tappe.

Polissena e il suo quadro impressionistico nella rilettura del mito delle sirene antropofaghe.

L’originale storia, commista di quotidiana follia, di Lorenzo Crescentini.

L’umorismo irriverente di Francesco Scardone.

La narrativa incalzante, irrequieta e inquietante di Lorenzo Marone.

La riedizione horror del fantasma di Cappuccetto Rosso nel dipinto di Giorgia Rebecca Gironi.

Il parricidio, riecheggiante la tragedia greca in chiave horror, di Igor Lampis.

L’introspezione lirica di Ilaria Spes nel raccontare una paura che scatena una mania.

E tanti, tanti altri ancora. Sino al gioiello che ci regala Danilo Arona con i suoi “voli notturni”

Che sia la dimostrazione che la “cultura libera” davvero produce risultati di valore?

Grazie Massimo!

La bibbia oscura di Carlo Santi

Secondo, emozionante capitolo della saga di Tommaso Santini, il risolutore dagli occhi di ghiaccio, che questa volta contrastano due occhi di fuoco, quelli del Demonio.

Con un balzo all’indietro nelle Scritture, il passaggio dal Nuovo (“Il quinto vangelo”) al Vecchio Testamento (“La bibbia oscura”) viene celebrato con il filo conduttore delle profezie di Nostradamus.

Qual è il denominatore comune tra personaggi come il crociato scomunicato Federico I, il geniale Leonardo da Vinci, il conquistatore Napoleone e il folle Hitler?

L’elemento di comunanza tra i quattro sembra essere la lettura, proposta dal Diavolo, di un libro nefasto scritto nientepocodimeno che con il sangue di un apostolo suicida, Giuda.

E quale strana coincidenza lega la misteriosa morte di papa Luciani alla nascita dell’Anticristo, nell’ambito delle sinistre ricorrenze del numero trentatre?

La narrazione viene condotta creando suspense, senza che tuttavia manchino trovate divertenti (“Dove lo trovo un Anticristo in giro per il mondo?” “Che faccio? Metto un annuncio: cercasi figlio del Diavolo, chiamare ore pasti!” …) e il gusto per l’azione, al quale l’autore ci ha abituati, tra continui capovolgimenti di fronte: inseguimenti, prelevamenti di DNA nelle bare al cimitero, corse in elicottero, esplosioni ...

Carlo ti inchioda alla lettura, senza perdere l’occasione per comunicare il suo interesse (trasgressivo quanto basta) per una riflessione teologica sul male, un nemico da sconfiggere a tutti i costi. E lo fa nel più inquietante dei modi: sviluppando il suo romanzo intorno a una delle più terribili figure del XX secolo. Evocando lo spettro di un’ideologia che ha devastato la storia contemporanea e ventilando la minaccia che un cataclisma simile o peggiore - se mai possibile! - possa ancora ripetersi nell’avventura dell’umanità. Sino a un drammatico scontro finale…

Amori anomali di Daniela Frascati

Cinque racconti, cinque forti emozioni.

“Il collocatore” nasce e si sviluppa come una poesia per la tenuità delle descrizioni psicologiche e paesaggistiche. Mentre lo leggo, sento il profumo della marmellata d’arance sprigionarsi dalle pagine. Solo che … solo che, a un certo punto, il racconto s’impenna. L’epilogo, sconvolgente, mi ha comunicato la stessa inquietudine che certi miti greci hanno provocato in me studente (e qui la mente va al mito di Crono e Urano).

“Come vuole il destino”: è stato difficile riprendermi dal finale del racconto precedente. Ho dovuto rileggere le prime due pagine del secondo “amore anomalo” almeno un paio di volte (consiglio pertanto di leggere i capitoli uno per volta, non tutti d’un fiato come ho fatto io …), perché la mia mente stentava “a cambiar registro”. Tema difficile affrontato con tanta allegoria e non: la droga dei poveri (pratica diffusa anche tra i bambini nei paesi dell’est o nell’America Latina). Molto efficaci gli inserti che pennellano le allucinazioni di Maria Nives.

“Amor anomalo”: già la dedica, a Frida Kahlo, la dice lunga. Confesso di averlo letto confidando che la bambina assediata risolvesse in altro modo il dramma del “diventare grandi”. Ho sperato fino all’ultimo in un miracolo del surrealismo. Ma non sono rimasto deluso, perché il lietofine sarebbe stato incoerente.

“Cuore sacro”: racconto sottilmente iconoclasta. Citerò soltanto la sapiente scelta dei nomi: “Venerina Amorante” la protagonista stimmatizzata, “Convento dello Spasimo” il luogo dal quale Venerina viene allontanata per essere relegata nel Bronx, “Missionarie della Ragione” l’ordine di appartenenza.

“Amore ibrido”: storia sospesa tra la rappresentazione metafisica di una bidonville e il mistero che permea culture ancestrali. Ma Daniela che fai, ai tuoi racconti metti anche la colonna sonora? Qui, in sottofondo, sembra di sentire un ritmo africano di tamburi …

O, dopo averti letto, sono diventato visionario?